sabato 11 gennaio 2020

Dolomiti Wildlife

Casa non è dove abiti, ma dove il tuo cuore ritorna a battere e riesci a respirare nuovamente. Tanti luoghi dove non ho un abitazione sono come casa per me, ed ognuno ha il suo profumo. Edimburgo profuma di carbone e bucato fresco, i passi alpini dei Grigioni di aria fina e ordinata, la Norvegia di fredda salsedine e fuoco di caminetto.
Oggi casa è in alto, tra le Dolomiti, che profumano di licheni, erbe alpine, di stambecco e camoscio ma anche di antichi oceani. Sono le tre del pomeriggio, sono due ore che cammino sotto un caldo sole estivo e sono stanco morto; la mattina ho smontato dal turno di notte in ospedale ed ho dormito solo poche ore. Dagli occhi iniettati di sangue, dallo zaino carico sulla schiena, con tenda e sacco a pelo assicurati all'esterno non sembro una persona con molto senno, ma la verità è che dentro sono  felice. Anche Till è con me, lo chiamo e mi guarda, lingua fuori e con gli occhioni color nocciola felici; eh sì, ho imparato che i cani sanno ridere meglio di noi.
Dai cani ho imparato anche la danza circolare per trovare il posto più adatto per la cuccia, infatti è da mezz'ora che giro in tondo, a testa bassa, cercando il posto più pianeggiante della prateria alpina tra la forcella dei Negher e il monte alto delle Aute, per poter allestire il bivacco in tenda per questa notte.
Una volta trovato, affido la tenda al vento per poter scegliere la posizione, la fisso al terreno con i primi due picchetti, quindi infilo i paletti in alluminio colorati nella guide creando lo scheletro della struttura, poi la sollevo, fissandola al terreno con 21 picchetti. Sistemo il materassino e il sacco a pelo, l'apertura della tenda dà sul Focobon, del gruppo delle Pale di San Martino. Davanti a me il Civetta e il Pelmo sembrano vicinissimi, sono al centro del nostro piccolo regno Dolomitico, fatto di cenge, praterie alpine, movimenti franosi e animali che animano montagne scolpite da mani divine e che all'alba e al tramonto fiammeggiano con l'enrosadira.
Il sole inizia a calare mentre sorseggio una birra fresca in una kuksa di legno, Till è raggomitolato vicino a me, ogni tanto alza la testa, drizzando le orecchie, verso due stambecchi che pascolano appena più in alto, ma loro continuano placidi come nulla fosse. Ho sempre ammirato gli stambecchi; conducono una vita in alta quota, con uno sguardo beato e per nulla intimoriti dall'uomo, si arrampicano tra le rocce con agilità, nonostante siano meno snelli dei camosci.
Camosci e stambecchi condividono la caratteristica di non perdere mai il palco; ad ogni inverno che passano indenni tra le insidie della neve e la scarsità di cibo, sulle corna si aggiunge un anello, come una medaglia al valore per essere stati scaltri ma anche fortunati.
Till mi sveglia da queste considerazioni faunistiche, battendomi con la zampa sul braccio, che nella sua lingua vuol dire:- ho fame! Mi alzo faticosamente e preparo la cena per entrambi: crocchette proteiche per lui, spaeztle fatti in casa con la panna e lo speck per me. Chissà perché Till, guardi con avidità il mio piatto:- sarà mica che hai ancora fame?
Mi risponde starnutendo e ripetendo tutti i trucchi che gli ho insegnato in maniera inconsulta e buffa, tanta è l'impazienza del suo stomaco:- vabbè Till un assaggio te lo sei meritato, tien...non faccio in tempo a dirlo che ha già divorato tutto.
Sconsolato e divertito mi vesto e rassetto la cucina, l'aria fredda della notte ha iniziato a soffiare dal fondovalle verso le cime e il cielo accoglie le prime stelle del firmamento, verso sud le montagne si sono appena spente del rosso sortilegio dell'enrosadira. Passeggio nel giardino degli dei dalle corna lunghe, respirando a pieni polmoni questa aria frizzante che mi rende lieve la stanchezza della notte precedente passata correndo in reparto. Guardo verso la valle del Biois, le sue strade e le  sue case illuminate, immagino le storie di chi arriva a casa, a rifugiarsi tra braccia amiche, dopo una giornata di lavoro, penso alla caparbietà di questa gente di montagna che non molla e che in fondo è più spensierata delle gente di città, sempre in affanno alle prese con il tempo che fugge.
E' ora di entrare in tenda per riposare, spengo la luce a led e mi chiudo dentro al sacco a pelo, Till gira in tondo fino a lasciarsi cadere stanco una volta trovata la posizione, coda davanti al muso per non prendere freddo, fuori il vento accarezza il telo esterno della tenda, facendo di un fruscio sommesso
una ninna nanna che la montagna sta cantando per me, mi addormento rinnovandole il giuramento di rimanere in alto, rimanere selvatico, vivendo una vita selvaggia nelle Dolomiti!