venerdì 21 dicembre 2018

Quanto serve?

Quanto serve per fare 1,7 miliardi di danni? Quanto serve al popolo Veneto per asciugarsi le lacrime e iniziare a rimettere tutto a posto? Quanto servirà ancora prima che, tutti insieme, sotterreremo per sempre le armi e iniziare un epoca dove l'unica lotta sia per conservare quello che rimane del paradiso terrestre? A quest'ultima domanda non ho risposta e chissà se mai riuscirò a vedere una; alle prime due posso però  rispondere senza alcun dubbio.
Il 29 ottobre 2018 sono stato testimone di una fine del mondo localizzata nel nord est Italia dove, nel giro di qualche ora, si è scatenata una  bufera di pioggia e vento. In particolare sulle valli Agordine tre sono stati i cavalieri all'apocalisse che sono scesi a seminare distruzione. Prima il fuoco ha bruciato gran parte del bosco della Valle di San Lucano, poi pioggia e vento hanno completato l'opera pettinando a terra migliaia di alberi. Prima c'era la Val Belluna bella e dimenticata, poi una terra ferita ma con gente orgogliosa che da subito si è rimboccata le maniche e silenziosamente ha rimesso in ordine tutte le cose spazzate e scombinate dal vento; in me è nato un sentimento di appartenenza che mai avevo provato per la mia terra.
Dopo un mese e mezzo, le strade sono state sistemate, ĺa terra tolta, i tetti sistemati; se non si guarda in alto verso i boschi verrebbe da dire che nulla è successo; ma poi volgi il tuo sguardo verso i boschi, punti  il binocolo per vedere meglio e vedi una scena da campo di battaglia; migliaia di alberi caduti, gettati a terra come stuzzicadenti e puoi solo immaginare il rumore di quella  notte , mentre l'ira degli Dei si manifestava. In mezzo a questa devastazione nessuna casa è crollata e le vittime civili si contano sulle dita di una mano, più di uno ha creduto che gli alberi si siano sacrificati per noi. 
Gli animali dei boschi sono riusciti, quasi tutti, a salvarsi per tempo; dando ancora una volta la prova che l'istino delle bestie è molto più sofisticato dei nostri modelli matematici.
Ora  ritornato il silenzio, il vento placato, fa bene vedere che le montagne sono rimaste lì a guardia delle vallate e delle genti a loro affidate. Muti e granitici guardiani a gente di poche parole che resiste ed esiste in questa unica terra dolomitica.

lunedì 3 dicembre 2018

Positive Vibration


Alla fine cosa si cerca in montagna se non vibrazioni positive?! Un silenzio rigenerante, una folata di aria che sollevi i nostri pensieri affidandoli alle correnti ascensionali. Si sale in montagna più poveri di quando si scende. La montagna dona ricchezza ai cuori semplici che sanno ascoltare il suo respiro. Non so cosa la vita mi porti da qua in avanti, so che guarderò sempre alla montagna come una casa piuttosto che a un sentiero da conquistare in un determinato tempo. 
Sarà sempre un partire per tornare a casa.

sabato 3 novembre 2018

Dopo la bufera

Il piccolo aviatore delle rapide è ricomparso sulle sponde del Veses non più ingrossate dalla bufera del 29 ottobre. Piano piano gli abitanti del nostro piccolo mondo iniziano a riprendere i loro spazi, la vita ricomincia lì dove tutto era burrascoso. Da dietro le nuvole il Pizzocco  da muto guardiano alla valli a lui affidate, guarda gli uomini giù in basso, indaffarati a far tornare la Val Belluna, la Val Agordina, la Valle del Cadore e la Val di Zoldo belle come erano.

giovedì 1 novembre 2018

Niente è per caso

I raggi pallidi del sole invernale svegliarono Jonas, che stancamente, usci dal sacco a pelo indolenzito e con gli occhi sporchi di sonno e della sbornia di genepì della sera prima. Si mosse nella stanza del bivacco come si muoverebbe un albero nodoso che iniziasse a camminare proprio in quel momento. Fuori dalla finestra una luminosa giornata invernale faceva cantare le cince sugli alberi, scoiattoli cercavano tra la neve qualcosa da sgranocchiare al sicuro sugli alberi e un picchio muratore era sull'attenti aggrappato ad un vecchio albero morto.
Scese nella cucina del bivacco per riattizzare il fuoco della sera prima mentre aspettava  che il fornello a gas scaldasse l'acqua per il tè.  Guardò fuori dalla finestra, un magnifico deserto di bianco gli si parava di fronte: "quanto sarebbe bello poter condividere tutto questo con qualcuno che capisca questa bellezza?" pensò mentre l'acqua nel pentolino cominciava a bollire.
Assorto nei suoi pensieri, sorseggiava lentamente il tè caldo, quando da fuori sentì abbaiare; si destò e guardò fuori. Un cane, un setter bianco e nero, avanzava saltando nella neve alta; poco più dietro un esile figura femminile lo seguiva arrancando nella neve con uno zaino più grande di lei.
La curiosità lo spinse ad uscire fuori dal bivacco per organizzare un maldestro comitato d'accoglienza; dopo la serata a bere grappa e a meditare sul passato era tutto tranne che presentabile.
All'ingresso del bivacco Ingrid, se lo trovò di fronte, affascinante a modo suo con i capelli in disordine e l'aria vissuta di chi ne ha appena scappate delle belle. Lo salutò con un timido sorriso ed entrò, infreddolita, nel bivacco.
Ciao- disse lui.- ben arrivata quassù. Ho un pò di tè avanzato; ne vuoi? 
Annuì con la testa, finalmente si sarebbe potuta scaldare dopo aver respirato l'aria fredda invernale per tutta la salita. Jonas si fermò a guardarla, mentre in silenzio beveva dalla tazza fumante, guardando fuori dalla finestra l'altopiano candido e immobile. Profumava di buono, di una bellezza rara, con i capelli scuri lisci fino alle spalle e occhi azzurri cristallini, di quelli che fanno ammattire d'amore un uomo. Il setter gli aveva appoggiato il muso in grembo per farsi coccolare dolcemente. Jonas si ritrovò a fissarla imbambolato con la bocca aperta.
Cosa guardi? gli domandò lei. 
Niente, le rispose mi stavo domandando cosa ci facesse una ragazza come te, quassù in mezzo al nulla. 
Quello che fai tu, scappo. Scappo da una vita troppo frenetica e frivola, quassù in mezzo a questo silenzio finalmente riesco a non sentire la confusione che ho dentro e a capire le mie emozioni. 
Come poteva aver capito così tanto di lui da uno sguardo?  Jonas d'istinto la abbracciò forte, stringendosela stretta, lei ricambiò quell'abbraccio; era forse quello che aveva bisogno da tempo ma che non riusciva ad ammettere di avere bisogno?
Parlarono a lungo tutto il giorno, delle loro passioni, del bisogno viscerale della solitudine delle cime dolomitiche, di posti da visitare e di avventure che sarebbe stato bello fare in due.  Senza che se ne accorgessero giunse la sera colorando la volta celeste di blu scuro, punteggiato da tante stelle luminose. Uscirono dinanzi alle montagne attorno al bivacco, granitiche guardiane in veglia su di loro quella notte, in cui anche il cielo pareva lacrimasse di gioia alla vista di questi due ragazzi mentre si scambiavano il loro primo bacio tenendosi per mano.
Quella notte Jonas e Ingrid si amarono più volte, stretti sotto le coperte, in un abbraccio sperato dopo  tanti mesi di precarietà e instabilità affettiva.
Jonas, quella notte, ritrovò pezzi di se stesso che credeva aver perso lungo la via, pensò che il fatto che si fossero incontrati, quassù, in mezzo al candore della neve, non fosse un imprevisto.
"Niente è per caso- le disse- tutto quello che accade è un riflesso delle nostre azioni. Non so cosa sarà Noi dopo questa notte, ma adesso mi fai sentire di nuovo vivo come da tempo non lo ero" 
L'oscurità limpida e invernale, mostrava in tutto il suo splendore la via lattea, cosi imponente che sembrava potesse cadere sul mondo da un momento all'altro; ma non quella notte,  quella notte, due stelle si fusero  dando inizio a un nuovo mondo.

martedì 23 ottobre 2018

Punto di svolta

In questi giorni i venti provenienti dalle terre di Odino hanno abbassato di molto le temperature. In questa fredda mattina di aprile all'alba ci sono 0° gradi di temperatura ed io sono già sveglio per una giornata in montagna. Mentre percorro in auto la strada che mi porta in fondo alla Val Canzoi sorprendo un capriolo brucare nell'orto di una casa. Mi fissa negli occhi e come un ladro beccato con la refurtiva nel sacco, scappa verso il bosco.
Ho una strana superstizione quando salgo in montagna a caccia; se vedo animali mentre sono per strada quella giornata sarà sterile di incontri in quota.
Non giudicatemi, vado a caccia con un arma che spara 6 fotogrammi al secondo e che ha come preda un immagine impressa in una fotografia: un incontro o uno scorcio particolarmente bello. Foto che scatto per me stesso, per quando sarò vecchio e passerò in rassegna i ricordi che mi hanno fatto bruciare di vita. Arrivo al parcheggio in fondo alla valle e i Pearl Jam che suonano alla radio Present Tense; mi incammino verso passo Alvis con ancora la canzone che mi suona in testa . Till è con me, come sempre, già sulla traccia della volpe passata di qui questa notte.
Il sentiero inizia a salire regolare, una mulattiera fatta per portare le mucche al pascolo nei tempi poveri e semplici dei miei nonni. Per due ore ci sarà religioso silenzio e meditazione in mezzo al bosco, in mezzo a questo silenzio assordante e cosi curativo allo stesso tempo.
Salgo a passo costante, pensando e sorridendo a situazioni appena passate. Hai proprio ragione Eddie, vecchi fratellone che canti in radio: ha molto più senso vivere nel tempo presente; ora e qui!
Ed ora, l'aria frizzante mi nasconde a un  altro capriolo, intento a mangiare l'erba tenera ai margini del bosco, mi porta, dalla cima, il suono di un forcello in amore. Salgo ancora, fino a passare un piccolo ponte a riparo di un passaggio pericoloso, inizio ad essere stanco, per fortuna che fra poco mi apparirà davanti malga Alvis con la sua vecchia stalla e il Sass de Mura mi accoglierà ancora. Come un figliol prodigo ritornato dopo aver peccato per il mondo, questa montagna cosi paterna per me, mi abbraccerà con le praterie del passo Alvis. Sono arrivato in uno dei miei luoghi dell'anima.
Questo è il luogo dove ho iniziato a fotografare per la prima volta la natura e ho iniziato a desiderare un contatto sempre più intimo con la natura. Questo luogo è stata il mio punto di svolta, da quando sono ritornato alla montagna da adulto dopo i tanti giri fatti in spalla a mio papà quando ero piccolo. Questo luogo mi ha fatto capire che nei momenti di paura o quando ci sono pensieri e decisioni da prendere, quando l'animo si fa cupo come un temporale estivo o non sopporto più la gente in generale l'unica cosa da fare e mettersi lo zaino in spalla e iniziare a camminare nella natura.
Natura che mi sovrasta, natura che mi cura, montagna che mi chiama, montagna che mi salva.

mercoledì 10 ottobre 2018

Il Respiro della Montagna

Il mese di novembre, quell'anno, si era trovato presto imbiancato, rendendo le cime che stavano a sentinella della valle eteree al chiarore del cielo invernale.
Jonas quella mattina si alzo presto; chiudendo la porta del tabià, l'aria gelida lo colpi con una sferzata al volto, la neve scricchiolava sotto gli scarponi e la moltitudine di stelle della volta celeste lo faceva sentire inadeguatamente debole
L'inquietudine di quei giorni lo aveva spinto a rifugiarsi in alto, tra le praterie alpine e tra gli animali che formavano il respiro della montagna, per trovare un sollievo a quello stato d'animo che lo  dilaniava.  Prese la traccia ripida che dal paese saliva verso l'altipiano imbiancato,  le punte dei ramponi erano salde sul ghiaccio, lo zaino  gravava  sulla schiena segnando le spalle, ma gli importava poco.
Non è forse vero -pensò- che, quando si sale alle terre alte, lo zaino pesa solo in salita per poi diventare più leggero in discesa, come se all'interno portassimo pene che poi liberiamo, una volta in cima, affidandole alle correnti ascensionali? 
Un camoscio accoccolato nella neve lo accolse al suo arrivo sull'altipiano, lo osservo tranquillo fino a che scomparve oltre l'orizzonte, diretto verso un vecchio bivacco di cacciatori.
Voleva passare la notte lassù , al freddo e da solo, lottando contro i suoi demoni, aiutato da un fiaschetta di grappa al genepì e da alcune Huldre(1) scese apposta dalle gelide terre del nord a tenergli compagnia.
Entrò scrollandosi la neve di dosso; il sole era alto al centro del cielo:non era troppo freddo. Come era sua abitudine, aprii lo zaino e sparse tutte le sue cose nel bivacco, come a prendere possesso di quel remoto avamposto umano nella natura selvaggia. Stava bene lassù, in mezzo a quell'assoluto silenzio, accarezzato dal sole invernale, con la mente leggera e in compagnia degli abitanti della montagna, la cui vita, però,  era meno poetica della sua; egli infatti si era rifugiato lì come un eremita scappando da una storia d'amore, finita troppo presto, o troppo tardi, a seconda dei punti di vista. 
Alcuni stambecchi, in fila indiana, aprivano un sentiero nella neve pendente mentre lui percorreva strade dimenticate con il tempo: storie e momenti felici, svaniti da quando lei aveva chiuso la porta del loro appartamento in affitto giù a valle. Un suo amico gli aveva consigliato di andare in terapia, per salvare la relazione e per superare a testa alta quel momento, ma lui di quei sofismi non ne voleva sapere. Jonas era una persona semplice, abituato a saper soffrire. I momenti bui li aveva sempre attraversati nascondendo il ghigno torvo e andando avanti, magari a spallate, ma senza soffermarsi troppo sulla faccenda. 

Tutto viene e tutto passa - pensò- come viene l'inverno  a coprire i pascoli, facendo sembrare tutto immobile e morto, ma allo stesso tempo destinato a tornare per far scoppiare di nuovo la vita. Come i tempi maledetti e inquieti, infatti, fanno sembrare l'animo morto, quest'ultimo in realtà brulica in attesa di una nuova primavera.Tuttavia- penso ancora laconico- ogni inverno lascia le sue vittime sulla neve primaverile. 

Era la verità e lui lo sapeva, ma non per questo si dava per finito. Le Huldre lo avevano chiamato ancora alla natura, alla montagna che tanto amava, per farlo rinascere e diventare ancora più forte, annullando nel silenzio delle cime le urla e i pianti che ancora risuonavano nella sua testa. I tempi difficili sarebbero passati, sapeva che voleva e poteva tornare ad amare di nuovo in maniera sincera.
Mentre il sole scendeva dietro le montagne rinnovando ancora il sortilegio dell’enrosadìra(2) sulle
rocce dolomitiche, fece un patto con se stesso: promise che avrebbe avuto il coraggio di essere sempre sincero e di non nascondere mai più le sue emozioni e i suoi sentimenti a chi voleva bene. Lassù nelle terre alte, raggiunte solo da anime in pena e improvvisati eremiti, senza un soldo in tasca, sapeva di essere il più ricco su questa terra, perché nessuna ricchezza poteva comprare la libertà e la gratitudine di essere vivo, proprio come si sentiva lui in quel momento. Coccolato dal calore di una vecchia stufa economica, portata su a braccia da altri fratelli della montagna, con le stelle che sovrastavano il bivacco vegliandolo, tutto era perfetto. Quella sera, per la prima volta da mesi, un sorriso e una lacrima spuntarono sul suo viso. I tempi difficili stavano passando. 



 “Questa storia partecipa al Blogger Contest.2018” http://www.altitudini.it/respiro-della-montagna/


(1) Nel folklore scandinavo, le huldre o uldre (norvegese, derivante dalla radice che indica "coperto" o "segreto") sono delle seducenti creature della foresta

(2) L'enrosadira è il fenomeno per cui la maggior parte delle cime delle Dolomiti assumono un colore rossastro, che passa gradatamente al viola, soprattutto all'alba e al tramonto.

martedì 6 marzo 2018

I Piani Eterni

I locali li chiamano "i Piani Eterni", forse perché questa vista, dopo aver scarpinato per almeno due ore su una ripida e noiosa mulattiera, è la più vicina rappresentazione del paradiso dopo aver visto l'inferno chini sotto il peso degli zaini. 
Con il generale Inverno, che tutto copre con la neve, questo piccolo gioiello, incastonato nella corona di cime delle Dolomiti Feltrine, prende un aspetto ancora più fiabesco. Tutto è rarefatto e rallentato, l'aria penetra nella mente e la ripulisce dai pensieri della modernità, l'occhio non sembra scorgere alcuna vita che si prodiga nella sopravvivenza tranne che per dei piccoli puntini scuri sul crinale. Le sentinelle dalle corna uncinate stanno li, coperte dalla loro pelliccia, intente a risparmiare energie, a far si che il generale Inverno, con i suoi attacchi, non possa compromettere il futuro del branco.