domenica 12 novembre 2017

Delusioni che san di soddisfazione


Sveglia alle 5, due ore di camminata per arrivare lassù,nei piani che i nostri vecchi hanno chiamato "eterni" per la loro bellezza, sperando in qualche incontro ravvicinato con i camosci. Ma non sempre va come previsto, se non mai. Loro stanno in alto, sulla cresta innevata di fresco, lontani, attente sentinelle di un mondo in cui non posso competere.


lunedì 14 agosto 2017

L’esplosione

Con il caldo dell’estate, nelle praterie alpine si riempiono di fiori in un esplosione di colori. Sopra di essi una miriade d’insetti vola indaffarato, ognuno con un suo compito, tutti necessari e tutti indispensabili per l’ecosistema montano, moscerini compresi. 
Salendo lungo la mulattiera esposta a sud che porta al rifugio Dal Piaz, sulle vette feltrine, farfalle nere accolgono l’escursionista, alzandosi in volo dal terreno come una nuvola. Sono esemplari di Erebia aethiops, siincontra sovente sopra i 700 m di altitudine. Appartenente a una famiglia di ventisette diverse varietà, presenti su tutto l’arco alpino sono la scorta di un ipotetico viandante che volesse percorrere le alpi da est aovest.  Oltre a loro, si alzano in volo nervosamente le azzurre e piccole licenidi, come la polyommatus coridon. Dove gli alberi diradano lasciando il posto alla prateria d’alta quota e le pietraie secche scaldate dal sole, su un fiore di cardo riposa una farfalla bianca con due soli rossi sulle ali e che del dio greco Apollo porta il nome. Il parnassius apollo è il modo con cui la natura ha voluto esprimere la montagna in un essere dell’aria, diventando il simbolo delle alpi. L’escursionista attento che sale all’alpe, oltre ad ammirarla, mentre è posata con le ali aperte sferzata dal vento fresco che sale dalla valle, può sentirne il rumore delle ali quando si alza in volo e con esso il suono della montagna.

Refugium Peccatorum


Come il protagonista di Moby Dick prendeva la via del mare ogni qualvolta nell’anima gli scendeva un novembre umido e piovigginoso, io prendo la via della montagna, salendo in alto a confessare i miei peccati al Signore delle Cime e a trovare ristoro nei silenzi e nei colori della natura.

 Un’esperienza in solitaria, solo con un cane, in catarsi dalle esperienze logoranti della vita, la voce si annulla in gola e i sensi si acuiscono per assaporare al meglio lo spettacolo circostante. Non chiedetemi, al mio ritorno al paese, quanto tempo ho impiegato per raggiungere la vetta, non lo so, non lo misuro. Chiedetemi piuttosto che emozioni ho provato; vi racconterò che più della fatica e del percorso impervio sono stati gli occhi del gufo che mi osservava mimetizzato in mezzo agli arbusti, il correre del camoscio in salita, sicuro e veloce che mi hanno strappato un sorriso in mezzo al fiatone. Nulla è più intimo del contatto con la montagna del poter osservare gli inquilini che la abitano e invidiare la loro libertà e l’abilità con cui vivono in un luogo in cui noi a stento potremmo sopravvivere senza la nostra tecnologia. 
Ultimamente il mio refugium peccatorum si trova  nelle dolomiti agordine di fronte alla Marmolada. E’ un luogo poco frequentato, perfetto per i miei scopi, ad accogliere il viandante alla fine della salita c’è solamente un lago glaciale e null’altro. Nelle praterie alpine punteggiate di stelle alpine a ridosso del lago, a volte si può avere la fortuna di imbattersi in una colonia di Stambecchi. 
Come i Camosci sono perfettamente adattati alla vita sulle rupi e mi suscita sempre curiosità la loro abilità a rimanere in equilibrio su appigli precari nonostante le loro lunghe corna che sembrano sbilanciarli da un momento all’altro. Animali miti e per nulla intimoriti dalla mia presenza, nel secolo scorso sono stati cacciati quasi fino all’estinzione a causa di superstizioni e false credenze delle proprietà curative delle corna al punto che alla fine dell’800 esisteva un'unica popolazione di Stambecchi sulle Alpi, nella riserva di caccia di Re Vittorio Emanuele II. Oggi gli eredi di questi stambecchi sono qui davanti a me, che si scornano in equilibrio precario sul filo del precipizio regalandomi uno spettacolo che aspettavo da tanto tempo. Ridiscendo verso il fondo del bacino glaciale per rifocillarmi e per infilare, i piedi nell’acqua gelida del lago, in una sorta di rito pagano di comunione con la montagna. Alle mie spalle gli Stambecchi riposano sdraiati nell’erba, sopra di noi le nuvole s’ingrigiscono velando il cielo consigliandomi di incamminarmi verso casa Beati voi Stambecchi, che in questo luogo vivete, senza i vizi, le preoccupazioni e i peccati di noi umani.




giovedì 1 giugno 2017

Risvegli


Siamo a marzo  ed è giunta nuovamente la primavera, un sole tiepido riscalda la campagna facendo tornare i colori dopo i lunghi mesi grigi dell’inverno. Da un anfratto tra le rocce di un muretto a secco che l’ha protetta dai rigori del freddo l’Aglais Io stiracchia le proprie ali e spicca il volo. Passeggiando nella campagna, tra i campi appena arati la vedo ferma su una zolla di terra con le ali di colore rosso spiegate a mostrare i grandi occhi azzurri per confondere i predatori e poi in un lampo partire con volo deciso verso un altra farfalla che ha invaso il suo territorio, riesce a scacciarla e la malcapitata vola con un volo lento e delicato verso i margini di un boschetto posandosi su piccoli fiori bianchi di Cardamines Pratensi. E’ più piccola e di colore bianco con due macchie arancioni sulle ali anteriori, il popolo la chiama Aurora mentre i naturalisti la conoscono per Anthocharis Cardamines; non si fa osservare a lungo, sfugge al mio sguardo ripartendo verso un altro fiore e poi un altro, senza sosta. Piccoli fiori colorano il prato attorno, una Cedronella arriva rapida e si posa su di essi per succhiarne il nettare. Di colore verde accesso e con un volo veloce e potente ha svernato riparandosi e nascondendosi tra le foglie di edera, aspettando trepidante i primi timidi caldi di febbraio, per uscire allo scoperto, prima tra le farfalle, per annunciare l’imminente risveglio della natura. 

domenica 23 aprile 2017

Capita...


Alzarsi alla mattina a sveglie improponibili, in cui ti guarda storto anche il cane, oppure stare ore in capanno ad aspettare con i piedi al freddo. O ancora camminare su sentieri dimenticati da Dio per fare lo scatto della giornata. Capita! E' la realtà di chi segue la passione di ritrarre la natura, in modo da poter stupire anche chi della natura è cieco. Ma poi capita che torni a casa dopo un turno domenicale di mattina e sulla finestra del tuo vicino di casa ci sia, da due ore, ad aspettare il tuo ritorno, un Ibis Eremita. Vicino alla via trafficata con la quiete domenicale rotta dal rombo delle moto c'è questo esemplare di volatile, una volta comune in Medio Oriente, Europa e Nord Africa, ma ora in forte declino a causa dell'incauta e vorace mano umana. Rimango a bocca aperta davanti a questo stupendo volatile, ormai diventato una perla rara. Vedo il vicino con un sorriso sorpreso a tratti imbarazzato per l'ospite inatteso, se lo coccola delicatamente. Non resisto, chiedo il permesso per fare due scatti al volo, troppa è la meraviglia che voglio assolutamente cristallizzare in un fotogramma l'incontro. Che domenica bestiale!