martedì 9 febbraio 2016

Una promessa.

Autunno, tempo d'amori per i cervi, un momento magico per ogni fotografo naturalista.
Tempo fa ho fatto una promessa: andare in Piemonte a visitare la Val Chisone nel parco Orsiera-Rocciavré. Questo ottobre era giunta l'ora di rispettarla e quindi mi sono messo in viaggio da est verso ovest alla volta delle montagne piemontesi. In auto ho caricato di tutto:
  • 2 corpi macchina Nikon 
  • 2 GoPro Hero
  • 4 obbiettivi (ne userò poi soltanto due!)
  • 1 flash
  • 2 treppiedi
  • racchette da neve
  • ramponcini da ghiaccio
  • 1 zaino da 75l
  • 6 bottiglie d'acqua
  • generi di conforto
  • 2 paia di scarponi
  • vestiario estivo
  • vestiario autunnale
  • vestiario invernale
  • 1 piccola scorta di farmaci
  • 1 coltellino svizzero
  • 1 opinel 
  • 1 smartphone per le comunicazioni a casa

Con una dotazione che farebbe invidia ad un trekker
teutonico arrivo nei pressi dell'uscita dell'A22 direzione Pinerolo. Ad aspettarmi al primo autogrill c'é il mio amico Tom. Lui, che queste montagne le conosce sasso per sasso, sarà la mia guida in questi tre giorni piemontesi.
Risaliamo in auto la val Chisone direzione Prà Catinat dove imbocchiamo la pista che conduce al rifugio Selleries. A questo punto io e Tom ci diamo appuntamento per il giorno successivo; oggi sono talmente cotto che decido di rimandare ogni questione fotografica.
Faccio arrampicare il Mazda lungo questa pista sconnessa e finalmente, esausto, vedo il rifugio Selleries. Mi sistemo in una camera a 5 stelle con bagno in camera e, cosa più importante, vista sulla valle sottostante. Bussano alla porta: é Massimo,il gestore del rifugio, che mi invita alla cena annuale del Selleries presso un altro rifugio, dalla parte opposta della valle, a Bourcet. Ci conosciamo da pochi istanti ma subito si avverte un senso di amicizia tipico della gente di montagna. 
La sera, al ritorno dal rifugio Serafin, dove ho gustato un ottima cena in stile piemontese, una fitta nebbia non lascia presagire nulla di buono in merito alla meteo dell'indomani.Come temuto, alla mattina e per tutto il giorno pioggia e nebbia la fanno da padroni ma alla sera il Signore delle cime fa alzare un vento freddo che ci fa rivedere nuovamente il profilo delle montagne e le stelle.
Sento Tom al telefono, ci diamo appuntamento all'inizio della pista sterrata. Dopo un grappino di Serpùl vado a nanna: domani ci sarà da far fatica e da meravigliarsi. 

Mi sveglio presto, con le prime luci, guardo fuori, la meteo promette bene. Mi preparo e scendo con la macchina per trovarmi con Tom. Arrivo e lo trovo già intento a scrutare con il binocolo i prati davanti a noi.
Mettiamo gli zaini in spalla iniziamo a seguire un sentiero tracciato più da zampe di cervi che da piedi di uomini. Loro sono li, in alto, tranquilli al pascolo e più sopra ancora, i camosci, che con calma masticano l'erba e osservano il mondo dalle cime.  Si sente bramire in lontananza.
La giornata é ventosa e soleggiata. Fà freddo ma muovendosi si sta bene.  Il Monviso innevato svetta maestoso dalla linea di montagne di fronte a noi.
Ci avviciniamo, pianifichiamo ogni nostro movimento, non devono sentirci ne vederci. Camminiamo sui pascoli, in pendenza, ci fermiamo, posiamo lo zaino e lo usiamo come scudo. Iniziamo a scattare foto: quanti cervi! 
Passiamo tutta la mattina ad ammirare l'harem di un esemplare davvero grosso, lo vediamo correre massiccio su e giù per il pendio erboso a scacciare altri pretendenti meno prestanti di lui. Ci imbattiamo in un camoscio vecchio e malandato, ci guarda, e poco a poco si allontana senza curarsi troppo di due strani bipedi con macchina fotografica.
A mezzogiorno mangiamo qualcosa e beviamo un sorso di amaro alla fragolina di bosco. Tutto questo è pura magia, riflettiamo sul fatto che tante volte saliamo in montagna per ore per riuscire a fare pochi scatti buoni ma che non è solo quello che ci porta lassù dove le nuvole accarezzano le creste. E' la sensazione di far parte della montagna, quando il vento  ti sfiora il viso e la pace dei sensi ti pervade. Il cielo sopra di noi è di un bell'azzurro intenso e le poche nuvole si creano e dissolvono in un batter d'occhio. 
Ora cominciamo lentamente la discesa, un aquila ci sorvola in alto e Tom mi racconta dei suoi incontri con i lupi. Incontri mai violenti, sempre densi di emozioni vere.


Scendiamo in una canalino e, da una roccia a sbalzo, ci ritroviamo direttamente sopra un branco di cervi intenti a godersi il sole ottobrino. Rimangono li fermi, indifferenti della nostra presenza fino a che non decidono di mettersi in movimento verso un altra valle. 
Risaliamo il canalino, e seguendo un comodo sentiero scendiamo a valle.                                                                                                              




Arrivati in basso guardiamo verso le cime della montagne alle nostre spalle. Su in alto, mimetizzati dall'ombra del tramonto che incombeva, come note su un pentagramma,stanno passando una ventina di cervi femmina con alcuni piccoli che circondano un cervo maschio.





Torniamo alle macchine e ci salutiamo. Ritorno al rifugio dove mi accoglie il vociare festoso di ragazzini delle medie in gita; speriamo che imparino dalla montagna il rispetto del prossimo e della natura.

Mangio una buona cena con coscette di pollo e carote al burro e sorseggiando un grappino al Genepì rivivo questi tre giorni riguardando in macchina le foto scattate.





Esco fuori dal rifugio, il sole è andato già da un po a dormire dietro le cime. Domani si ritorna a est, verso casa, mi godo il freddo pungente della notte e rimetto in ordine le idee e i programmi per domani. Alzo gli occhi verso la meravigliosa via lattea e mi sento parte di un disegno divino.

Vorrei....

Vorrei essere scoiattolo
per conquistare tutte le cime degli alberi
camoscio per scalare 
le ripide praterie
capriolo per saltare
felice tra gli alberi
vorrei la virilità del cervo 
 e la capacità  di volare alto 
dell'aquila
ma vorrei ancor di più 
esser' uomo nella natura
e viverla 
senza offenderla