giovedì 3 dicembre 2020

Il Patriarca

Jonas e Ingrid entrarono nel bar facendosi largo tra la gente, quella sera andava in onda la partita di calcio della nazionale e mezzo paese si era riversato nell'accogliente bar del centro, con il bel bancone di legno ricavato da un vecchio tavolo da lavoro di un falegname. Un uomo anziano se ne stava solo in disparte, con il suo bicchiere di vino, intento a leggere il giornale e lanciando di tanto in tanto qualche occhiata al televisore, quando l'aumento delle grida suggerivano un avvenimento in una partita altrimenti noiosa. Il vecchio si chiamava Tobias, un montanaro che viveva isolato in una baita che d'estate apriva agli escursionisti che volevano fermarsi a mangiare qualcosa. Da giovane era stato anche cacciatore e bracconiere, ma una mattina di luglio si trovò di fronte un capretto di stambecco che lo guardava attraverso le corna della madre. Da allora la caccia e la carne lo disgustarono e divenne vegetariano. Nella baita in montagna aveva un piccolo orto, anche se nessuno sapeva come era riuscito a coltivare e far crescere cavoli e patate lassù in alto; di certo un orto testardo e caparbio come chi lo curava. Il resto lo comprava alla bottega del paese una volta a settimana, quando scendeva a fare provviste con il pick-up Mitsubishi vecchio di 20 anni.   

-Jonas, Ingrid, venite qua!- esclamò il vecchio al tavolo. 

-Ciao Tobias, come stai?- gli fece eco Jonas mentre Ingrid lo abbracciava e gli dava un bacio sulla guancia. 

-Eh caro Jonas, tiro avanti, ogni tanto i dolori alle ginocchia si fanno sentire ma basta non dar loro troppo bado, come alle donne- disse facendo un occhiolino a Ingrid. 

-Tobias...sei sempre il solito!- rispose Ingrid -piuttosto, cosa bevi? Il tuo bicchiere mi pare triste...-

-Brava Ingrid, meno male che qualcuno pensa ai vecchi... prendo un rosso. E...voi? Spero non quella cosa rossa che va tanto di moda... -

-Ma no, Tobias! Ingrid, ordina due birre e un rosso per l'eremita qui di fianco.-

Nel frattempo il bar esplose in un boato. Rigore contro ed ora la nazionale perdeva 1 a 0. 

-Aaah, senti che casino! Sto meglio su nella mia baita, in mezzo ai larici. Sapessi Jonas, alla mattina ho sempre un gallo forcello che mi sveglia, canta anche adesso che è ottobre... credo che questo sarà il mio ultimo inverno lassù, divento vecchio e le forze non mi reggono più.-

-Tobias, ma cosa dici? Io faccio fatica a starti dietro quando andiamo in montagna assieme. Vero Ingrid?-

-Eh si Tobias, l'altro giorno ti ho visto appena sotto di me alla forcella dei becchi e mi sei scappato via, non ce l'ho fatta a raggiungerti, scendevi come un camoscio.-

-Troppo buoni ragazzi, e con questo me ne torno alla mia malga. Jonas, ti aspetto domani, con le cose che ti ho chiesto. Notte, non vi ho visto vi ho vissuto.-

I ragazzi rimasero al bar ancora per un po', giusto il tempo di un paio di birre e di vedere la fine della partita: la nazionale aveva vinto con rimonta poderosa nel secondo tempo e tutti gli avventori erano ora su di giri e paonazzi dal bere. 

-Ingrid, domani porterò a Tobias le cose che mi ha chiesto,. Sai quel pacco arrivato oggi con il corriere, sono coltelli da intaglio, ha detto che gli serviranno per sopportare il lungo inverno. Speriamo che non si tagli.-

Joans partì di buon'ora, con Brick che andava a destra e a sinistra senza darsi pace dietro alle tracce dei selvatici che avevano passato la notte vicino al loro Tabià. Il sentiero saliva ripido di fianco ad alcune case datate fine '800, un tempo dimora di dura gente di montagna, ora casa vacanze per ricchi snob di città. Il sole saliva piano da dietro i larici che iniziavano a colorarsi di giallo, segno dell'imminente arrivo dell'autunno. Tutto il bosco fremeva e odorava del testosterone dei cervi nel pieno del periodo del bramito. Di tanto in tanto si sentiva un colpo secco nel fitto degli alberi e ogni volta Brick si fermava, con la zampa anteriore alzata, la fronte tesa in cerca della direzione del suono. Jonas sorrideva nel vedere il suo amico così buffo ma anche così professionale nel fare quello che la selezione umana aveva fatto: cane da caccia anche se non aveva mai partecipato a una battuta in tutta la sua vita. 

 Dopo un'oretta di cammino a passo sostenuto, Jonas sbucò fuori dalla linea degli alberi, arrivando sul fondo di una larga valle che conduceva alla forcella dei Piani, Come era solito fare quando era in questa zona, uscì dal sentiero per esplorare le tracce dei caprioli, cercare le fatte dei Galli Forcelli e le impronte della volpe. Gli era capitato in quella zona di trovare quello che restava di un Gallo Forcello, caduto vittima dell'attacco della volpe, un cerchio di piume e di neve scombinata nel fragore della lotta per la sopravvivenza; il Forcello era morto, la Volpe si era saziata e lui si era portato a casa tre piume delle coda, di quelle che i soldati austriaci, i Landesschützen, usavano per ornare i loro berretti. Una di quelle piume la regalò poi a un caro amico, emigrato in Argentina come si faceva un tempo, per poter fare il proprio lavoro di biologo. Il terreno impervio e ripido gli faceva salire le pulsazioni del cuore e le gocce di sudore scendevano copiose da sotto la fascia che aveva in testa. Brick correva avanti indietro, a tratti si sdraiava sull'erba e lo guardava con la lingua fuori e un sorriso felice da cane. All'improvviso notò qualcosa di bianco tra l'erba secca e gialla, non un sasso e neanche qualcosa di vivo, di un candore che solo le ossa sbiancate dal tempo hanno. Si avvicinò, togliendo quello strano trofeo dalla bocca di Brick che trovò subito occasione per mangiarselo e iniziò ad esaminarlo. Era di un ungulato, quello era certo, i molari ben rappresentati, utili per masticare l'erba alpina, gli astucci cornei erano oramai totalmente decomposti ma dalla grossezza delle appendici ossee che spuntavano dal cranio non poteva che essere di uno stambecco. Si sedette sull'erba pensieroso, della colonia di stambecchi della forcella dei piani oramai conosceva abitudini, spostamenti e componenti. C'erano i due piccoli promettenti che trottavano attorno alla madre, una quarantina di maschi più o meno possenti e poi c'era lui, il più vecchio degli stambecchi, con le corna lisce alla base dai tanti combattimenti effettuati. Lo aveva chiamato "il Patriarca" ed era oramai due anni che lo cercava in tutte le sue uscite senza vederlo più. L'ultima volta lo vide scomparire dietro la nebbia in una giornata fredda di luglio, con il passo regale, di quelli che hanno le divinità quando scendono a visitare il mondo degli uomini. Si rigirò ancora il cranio tra le mani e si mise a confrontarlo con la foto che scattò al Patriarca la prima volta che lo vide, una giornata di giugno calda e con il sole che a quelle quote ti brucia il viso senza troppi complimenti. Lui era lì, in mezzo a tutta la sua coorte con due stambecchi giovani che facevano da sentinella non appena Joans si avvicinava troppo, emettendo fischi di allarme ma senza mai diventare aggressivi nei suoi confronti. Chissà se con tutte le volte che lo vedevano sulle crode, ad arrampicarsi sui massi neri e coperti di muschio verde brillante, non lo avessero incluso come membro onorario, uno stambecco a due gambe che per la sola costanza di salire dove pochi avevano la voglia più che la forza, meritava di avere più parenti in alto che a valle. 

-Questo lo devo fare vedere a Tobias- comunicò Jonas a Brick, che lo guardava incuriosito inclinando la testa e rizzando le orecchie. Si alzò prese il cranio con sé e si diresse, seguendo il torrente, alla baita di Tobias. 

Tobias lo vide arrivare mentre girava attorno alla baita sistemando la legna per l'inverno, accatastandola contro le pareti perimetrali per isolare ancor di più l'interno dal freddo. Mano a mano che i ciocchi calavano esponendo la baita, migliorava anche la stagione, rendendo meno necessario l'isolamento. 

Brick fece uno scatto e saltò addosso a Tobias, posandogli le zampe sul petto e ficcando il muso dentro la giacca in cerca dei biscottini a cui lo aveva abituato. -Ciao Brikkone, vecchio mio, sempre felice di vedermi tu eh?!? Ciao Jonas, ben arrivato, hai fatto buon viaggio?-

-Sì grazie, Tobias, tutto ok. Ti ho portato le cose che mi avevi chiesto e una bottiglia di vino da parte di Ingrid. Devo anche farti vedere una cosa che ho trovato salendo, penso si tratti del Patriarca.-

-Il Patriarca?! Saranno almeno due inverni che non lo vedo, era solito comparire d'improvviso quì sopra quando scendeva la prima neve, come per controllare se stessi bene. Che palco che aveva... lo sai vero che ogni anello corrisponde ad un inverno superato, una specie di medaglia per essere sopravvissuti con poco.-

-Sì Tobias, lo so, me lo ripeti ogni volta che parliamo di camosci e stambecchi, anche se so che a te piacciono di più i camosci per come si muovono veloci e scaltri sulle praterie.-

-Oh abbi pietà di questo vecchio, piuttosto, fammi vedere quello che rimane di quel gran bastardo. Ma prima entriamo, che mi sa che questa notte nevicherà.-

Entrarono nella baita, rivestita di legno intriso dall'odore di caffè e di fumo di tabacco, alle pareti i quadri che Tobias dipingeva da giovane, panorami alpini figli di storie di emigrazione e scene di animali a volte immaginate a volte memorizzate e riportate in un disegno, un mezzo economico per fissare i ricordi, per lui che non ebbe mai i mezzi per comprarsi una macchina fotografica.

Si accese la pipa e si mise ad esaminare il cranio, tirando fuori da un cassetto un disegno minuzioso del Patriarca. Tirò dalla pipa e dopo un lungo silenzio sentenziò -certo una volta era più in carne, ma credo proprio che sia il Patriarca, peccato che il suo trofeo sia stato consumato dal tempo. Beh ad ogni modo, sono contento lo abbia trovato tu invece che qualcuno che sta alla montagna come io sto alla Rinascente di Milano. Che fai Jonas, ti fermi per cena? Ho messo su la zuppa d'orzo.-

-Ahahah Tobias, ma come ti vengono certi paragoni? Comunque no, ora mi avvio verso casa prima che faccia buio, che poi se mi fermo da te so già che finisce a grappe fino a tardi e poi domani tocca mandare malattia a lavoro. Ma ti ringrazio per l'ospitalità. Ciao Tobias, ci vediamo settimana prossima, che vengo su a darti una mano con la legna per l'inverno.-

-Ciao Jonas, sai che il tuo letto è sempre pronto per ogni volta che ti vuoi fermare. Sai ho un gallo forcello che viene sempre a trovarmi la mattina presto, sarebbe bello se facessi una fotografia con il tuo trabiccolo.-

-Va bene vecchio mio, anche se sarai sempre più bravo tu con la tua matita che io con le mie diavolerie moderne. Vado! Stammi bene.-

-Ciao Jonas, toh, tieni il povero Patriarca. Sai cosa devi farne.-

Jonas annuì con un cenno del capo e si incamminò verso casa, mentre il sole iniziava a scendere colorando di viola le nuvole all'orizzonte e intrufolando i suoi raggi tra i rami dei larici, incendiandoli con tutte le tonalità del giallo e del rosso. Rimase incantato di fronte a questo spettacolo e si rese conto che la montagna aveva salvato più esistenze di quante vite si era presa. Prese dallo zaino, il Patriarca e lo depose ai piedi di un larice. -Ti lascio qui Patriarca, come è giusto che sia, perché i nostri spiriti appartengono alla Montagna e a nessun altro.- Senza dire altro scese sul sentiero, volgendo lo sguardo in alto un'ultima volta al teschio che guardava la valle,  mentre timidi fiocchi di neve scendevano lievi ad incorniciare quel commiato.