venerdì 2 ottobre 2020

Bufera da Est.

Il Nonno, ogni volta  che vedeva le nuvole  riunirsi in conclave, ripeteva spesso, sbuffando con la pipa, che quando la pioggia veniva dalla montagna questa durava una settimana ma se veniva dalla pianura solo un giorno. Chissà se il nonno aveva un proverbio anche per le bufere che venivano da Est, si domandò Jonas, mentre guardava le nuvole riunirsi sopra le cime delle montagne attorno a sé a coprire le cime, imbiancate dalla prima neve caduta a novembre, Neve bagnata che aveva spalato a mano, faticando e sbuffando sotto il cappello di lana, un lavoro inutile, visto che il sole se la prende cosi comoda a sciogliere i cumuli nevosi lungo il vialetto.  Le piste da sci, benedette da questa manna gelata dal cielo, si riempirono rapidamente di sciatori che parlavano dialetti e lingue diverse da quella di Jonas, così inadeguato rispetto al loro modo di porsi così chiassoso, con un abbigliamento dai vivaci toni arancioni, viola e azzurri che si contrappone al suo dove il verde e il nero la fanno da padroni, dal suo parlare scarno smorzato in gola che sembra più ad un grugnito di qualche bestia selvatica che una voce umana. 

Mentre la moltitudine arlecchinata urlava e si divertiva sulle piste lui batteva la neve con le racchette per creare uno spiazzo abbastanza grande per poter piantare la sua tenda al limitare del bosco, lontano da tutto, sudando ma felice

Se solo avesse saputo cosa avrebbe portato il nuovo anno, beh non sarebbe sceso da lì fino a quando tutto il manto nevoso non fosse sparito per lasciare lo spazio al verde estivo dei prati.
Una bufera si stava addensando all'est e avrebbe a breve scaricato tutta la sua violenza su tutta l'Europa: un nuovo virus avrebbe cambiato la storia. 
Jonas si chiuse dentro il sacco a pelo e tirò fuori un libro della storia delle alpi che stava leggendo, accanto a lui Brick dormiva tranquillo. La tenda riusciva a dare un ambiente confortevole, mentre fuori le rocce dolomitiche si spegnevano dopo essersi infiammate al tramonto e il mercurio nel termometro si ritirava. 
Questo termine del giorno era solo per lui, non doveva rendere conto a nessuno e nessuno poteva permettersi di disturbarlo. Una fuga dal caos e dalle preoccupazioni del lavoro giù a valle nell'ospedale cittadino. 
Jonas si svegliò ai primi raggi del sole, che timidamente facendo capolino da dietro alle cime, iniziava a scaldare, sciogliendo a poco a poco, lo strato di ghiaccio che si era formato sulla tenda. La neve accumulata sugli alberi si tuffava dai rami verso terra muovendo sbuffi bianchi mentre le cince dal ciuffo si inseguivano tra le cime degli abeti. Brick e Jonas uscirono dalla tenda stiracchiandosi e sbadigliando entrambi per scrollarsi il sonno di dosso, l'acqua per il thè era sul fuoco e tutto era in equilibrio.
Quando il sole fu quasi allo zenit Jonas impacchettò tutto nel suo zaino e si avvio a valle fischiettando con Brick che lo seguiva trotterellando felice.
L'indomani arrivò a lavoro con la faccia paonazza tipica di chi aveva preso il sole in montagna e trovò i colleghi preoccupati; un nuovo virus era appena arrivato dall'est e stava iniziando a manifestarsi anche in quel piccolo ospedale di montagna. Da quel giorno avrebbero dovuto mantenere sempre la mascherina indossata sul viso ed essere ancora più scrupolosi e attenti. Intanto nella capitale il comitato tecnico scientifico imponeva la chiusura di tutta le attività per fermare il dilagare dell'epidemia e limitare i danni. 
La bufera da est aveva appena valicato la linea frastagliata delle Dolomiti e Jonas si trovò già sopraffatto dalla paura che fosse una cosa troppo grossa per lui. La mattina, chiudeva la porta del tabià dietro di sé, lasciando i cani e Ingrid che ancora dormivano nel lettone, e scendeva a valle, dopo aver dormito a fatica e aver lottato contro i demoni tutta la notte.
Le cime arrossate dall'alba lo salutavano ogni mattina e gli infondevano coraggio, ogni sera lo accoglievano abbracciandolo al ritorno da quello che era un fronte, con medici e infermieri in prima linea contro un nemico invisibile. Spesso al ritorno a casa, crollava a piangere, troppo era quello che aveva visto, per non parlare del dover indossare i dispositivi per ore, sudando e camminando impacciato, non vedendo niente attraverso gli occhiali appannati e respirando a fatica attraverso la maschera protettiva, una tortura per lui che amava l'aria fresca e fina delle alte quote.Ogni giorno però la paura diminuiva, come quando, andando in montagna, i passaggi esposti si fanno sempre più famigliari e la paura del vuoto passa. Ma in fondo era fortunato, abitava in mezzo ai boschi e la compagnia di Ingrid, di Brick e di Lilli facevano passare in allegria i giorni di riposo dal lavoro; avevano costruito, con i sassi del fiume, un barbecue primitivo e per la prima volta in vita sua aveva cucinato sulla griglia, aveva anche imparato a intagliare il legno ricavando dei cucchiai da dei pezzi di legno d'abete. Mentre il mondo si fermava per il virus la natura seguiva il suo ciclo, ripulendosi, in breve tempo dei veleni degli umani, la neve indietreggiava lasciando dietro di sé i tanti puntini viola e bianchi del crocus, i caprioli e i cervi finalmente potevano brucare l'erba accanto alla statale senza la paura di venire investiti. Un mondo alla rovescia, che stava dimostrando come non aveva bisogno dell'uomo per esistere e a Jonas, dopotutto, questo mondo non dispiaceva. 
Passeggiando intorno a casa, spesso incontrava i caprioli, alcuni con il palco in velluto, che brucavano l'erba ai margini del bosco, quella più tenera, mentre sopra gli alberi le rondini piano a piano tornavano al loro nido. Chissà come è stare lassù, si domandò Jonas, completamente liberi, sospesi dal vento e guardare giù il mondo, come non si vedeva da secoli, con le strade senza macchine, le piazze vuote e tutta la gente nelle tane, come fanno le marmotte quando c'è temporale in montagna.
 Questo periodo sarebbe passato, mentre gli uomini impauriti facevano promesse di cambiamento, alcuni non sarebbero sopravvissuti, travolti dalla bufera da est, pensò Jonas, guardando fuori dalla finestra del tabià mentre sorseggiava una tazza di caffè nero senza zucchero, con gli occhi languidi verso le montagne che iniziavano rosseggiare e che ancora non poteva raggiungere.

Sospirò e soffocò un conato di vomito, aveva studiato abbastanza umanità per capire che questo avviso non sarebbe stato capito da molti, si girò di scatto preso da un tremore interno incontrollabile, diede un bacio a Ingrid, che ancora dormiva, lego Brick al guinzaglio e parti per il bosco, come un bandito; aveva bisogno di aria e di respirare. Salì fino ad una radura, e si lasciò cadere sull'erba ancora gialla dalle gelate e senti il primo calore della terra dopo l'inverno salire e scaldarlo piano piano. Alzo gli occhi al cielo, per trovare i suoi antenati nelle sagome delle nuvole e chiedere loro consiglio, mentre il profumo del fieno saliva dalla valle la sua inquietudine calava, presto sarebbe stato di nuovo tempo di salire in alto, l'unico posto dove sarebbe sempre stato al sicuro.