mercoledì 27 aprile 2016

19 aprile 2016

Ritorno alle terre alte dopo due mesi di forzato congedo per la tanta neve fatta in alto. Sono le otto del mattino e sto camminando verso il rifugio B. Boz, seguendo il sentiero CAI n°727, dal versante trentino. In cielo le nuvole danzano minacciose prima di lasciare spazio al sereno, sopra di me, le cincie dal ciuffo scattano veloci di ramo in ramo. Si ode un silenzio musicale, il respiro di me e Till, i canti degli uccellini e la ghiaia che scricchiola sotto gli scarponi. Un silenzio che rimbomba nella testa da quanto è potente. Saliamo veloci lungo la mulattiera, scavalcando le slavine dell'ultima nevicata. Usciamo dal bosco e troviamo quello che rimane delle nevicate invernali, neve in fusione sopra e solida sotto: una granatina su cui camminare sprofondando a volte fino alla caviglia.
Una luce dorata illumina un camoscio al limitare del bosco, ha il pelo in muta ma questo inverno lo ha passato indenne. Svoltiamo verso destra vicino alla partenza della teleferica del rifugio, rientriamo nel bosco, seguendo tracce umane sul sentiero ingombro di neve. Sono indicazioni preziose; i segnavia e la traccia  sono scomparse sotto la neve . Siamo a pochi passi dal rifugio Boz quando il cielo azzurro ritorna sopra le nostre teste. Il Sass de Mura ci abbraccia e ci dà  il ben tornato. Sono le dieci e mezza del mattino ed è ora di mangiare e recuperare le forze. Su in alto, verso il passo Alvis, un camoscio solitario si muove sicuro sulla prateria innevata. 
Entro nel bivacco F. Fiori e leggo con invidia il registro dei passaggi; che sogno sarebbe dormire quassù una notte e poi svegliarsi al canto del gallo forcello. Usciamo dal bivacco e scendiamo verso le malghe che si vedono dal rifugio B. Boz.

Passiamo un piccolo torrente con ancora dei sassi innevati e puntiamo sempre verso le malghe. Camminiamo ora sulla prateria che sta riconquistando la vita all'inverno, tra l'erba i crocus colorano lo sfondo con mille puntini di azzurro e viola pastello.


Till scarta a destra e sinistra, segue tracce che solo lui può sentire, un mondo di scie di odori che raccontano del passaggio della volpe due notti fa e della femmina di capriolo davanti a noi proprio ora. Io però non la vedo, non riesco a distinguere la sagoma mimetizzata completamente nell'erba. Eppure è li, Till freme, guarda serio in quella direzione, sbuffa impazientito fino a che anche io la noto. Ci facciamo bassi nell'erba e andiamo dietro ai nostri istinti, io con la macchina fotografica, Till al  suo fiuto. L'abbaiare di un capriolo maschio più in alto ci desta dalla magia dell'incontro.
Ci rimettiamo in marcia, seguendo la
strada bianca che scendendo ci riporta al bivio della teleferica del rifugio, mi giro un altra volta verso il Sass de Mura e con la coda dell'occhio vedo un altro capriolo risalire le praterie appena percorse. Una leggera brezza culla la mia pace interiore e i miei occhi si ristorano contemplando questa natura.
Un gruppo di mufloni attraversa il sentiero, è composto da alcune madri e dai piccoli dell'anno, li vedo salire i pascoli orfani delle mucche estive e sparire nel bosco.  E' ormai passata la metà della giornata e nuvole grigie cariche di pioggia fanno a gara con innocenti nuvole bianche. Dei piccoli di camoscio con le loro madri  riposano, scaldati dal sole, vicino alle  conifere, sulla neve superstite dell'inverno.
Sembrano tranquilli e in salute.


Lungo il sentiero non siamo soli, sento occhi su di me e avverto un fugace trottare di zoccoli sulle foglie seguite da un boato. Il giovane camoscio quasi ci salta tra le gambe,  ci fissa alcuni istanti per poi mostrarci il didietro e precipitarsi a capofitto nel ripido declivio della valle evitando con precisione gli alberi.

Scendiamo ancora fino a un tornante della mulattiera, mi fermo a bere un sorso d'acqua, sembra tutto immobile, ma siamo ancora in compagnia. Un calpestio di zoccoli sulle foglie del bosco attrae la mia curiosità: sono i mufloni incontrati prima, scesi a valle tagliando per i boschi e i pendii. Sono vicini, un muflone scappa lesto appena mi percepisce, gli altri sostano fermi tra le fronde degli alberi nascondendosi. Punto la macchina fotografica, il tempo si dilata e anche il battito del cuore sembra rallentare. Metto a fuoco e scatto prima che il tempo ricominci a scorrere e la magia scompaia. Guardo in macchina l'anteprima della foto e sorrido di gioia per la fortuna dell'incontro avuto. Good job dude!

lunedì 18 aprile 2016

Sua maestà

Cansiglio, un tempo riserva di legname per la Serenissima repubblica di Venezia ora riserva naturale che comprende due regioni e tre province. Un piccolo paradiso nel nord-est Italia, preso d'assalto il w-e da orde di "cittadini" poco educati al muoversi in natura.
Il Cansiglio lo conosco come le mie tasche, mi avvicino sempre con rispetto e timore, mi inoltro nella foresta e mi fermo a godere di questa natura. Chiudo gli occhi e un profumo di muschio e umidità mi riempie le narici; vengo trasportato in un altra epoca fuori dal tempo e mi sembra di essere un vichingo nelle foreste del nord.
Ritorno alla realtà, cadendo dai miei pensieri; un suono ancestrale rompe l'aria: un bramito di un maschio possente riecheggia nella foresta. Till mi guarda tranquillo, lui il cervo lo stava annusando da quando siamo scesi dalla macchina.
Sento che è vicino, nel fitto della foresta, non posso vederlo o raggiungerlo.
D'altronde sarebbe sciocco: é lui qui il Re! 
Io sono solo un goffo passante che prega di non scivolare sulle radici degli alberi. Lo lascio alle sue attività amorose e scendo verso la piana di Cornasega. 
Tra gli abeti che troneggiano sopra la mia testa la luce filtra tra i rami. Ora c'è silenzio, interrotto solamente dal fischio della Poiana e da una lieve brezza. L'umidità evapora dai tronchi e il muschio é di un verde cosi soffice che ti verrebbe voglia di sdraiarti ad oziare. Mi gira la testa di fronte a questo spettacolo.
Sono le tre di pomeriggio e la giornata non ha concesso molti incontri. Torno sui miei passi quando Till diventa teso fiutando l'aria. Guardo dove punta il suo naso. Tra l'erba fa capolino un palco di rami regali, quel cervo nascosto nella foresta ora si vuole concedere alla mia vista.
Ci nascondiamo nell'erba alta, davanti a noi un maschio di cervo tutto imbrattato di fango. 
Nella luce livida di questa giornata di ottobre le corna luccicano da sopra i covoni di fieno, il cervo come una maestà regale attraversa a testa alta la piana buttando indietro il palco. Trotterellando sicuro risale verso la foresta mostrandosi in tutto il suo splendore.   

Grazie, è stato un onore!