Una promessa.
Autunno, tempo d'amori per i cervi, un momento magico per ogni fotografo naturalista.
Tempo fa ho fatto una promessa: andare in Piemonte a visitare la Val Chisone nel parco Orsiera-Rocciavré. Questo ottobre era giunta l'ora di rispettarla e quindi mi sono messo in viaggio da est verso ovest alla volta delle montagne piemontesi. In auto ho caricato di tutto:
- 2 corpi macchina Nikon
- 2 GoPro Hero
- 4 obbiettivi (ne userò poi soltanto due!)
- 1 flash
- 2 treppiedi
- racchette da neve
- ramponcini da ghiaccio
- 1 zaino da 75l
- 6 bottiglie d'acqua
- generi di conforto
- 2 paia di scarponi
- vestiario estivo
- vestiario autunnale
- vestiario invernale
- 1 piccola scorta di farmaci
- 1 coltellino svizzero
- 1 opinel
- 1 smartphone per le comunicazioni a casa
Con una dotazione che farebbe invidia ad un trekker

Risaliamo in auto la val Chisone direzione Prà Catinat dove imbocchiamo la pista che conduce al rifugio Selleries. A questo punto io e Tom ci diamo appuntamento per il giorno successivo; oggi sono talmente cotto che decido di rimandare ogni questione fotografica.
Faccio arrampicare il Mazda lungo questa pista sconnessa e finalmente, esausto, vedo il rifugio Selleries. Mi sistemo in una camera a 5 stelle con bagno in camera e, cosa più importante, vista sulla valle sottostante. Bussano alla porta: é Massimo,il gestore del rifugio, che mi invita alla cena annuale del Selleries presso un altro rifugio, dalla parte opposta della valle, a Bourcet. Ci conosciamo da pochi istanti ma subito si avverte un senso di amicizia tipico della gente di montagna.

Sento Tom al telefono, ci diamo appuntamento all'inizio della pista sterrata. Dopo un grappino di Serpùl vado a nanna: domani ci sarà da far fatica e da meravigliarsi.
Mi sveglio presto, con le prime luci, guardo fuori, la meteo promette bene. Mi preparo e scendo con la macchina per trovarmi con Tom. Arrivo e lo trovo già intento a scrutare con il binocolo i prati davanti a noi.
Mettiamo gli zaini in spalla iniziamo a seguire un sentiero tracciato più da zampe di cervi che da piedi di uomini. Loro sono li, in alto, tranquilli al pascolo e più sopra ancora, i camosci, che con calma masticano l'erba e osservano il mondo dalle cime. Si sente bramire in lontananza.
La giornata é ventosa e soleggiata. Fà freddo ma muovendosi si sta bene. Il Monviso innevato svetta maestoso dalla linea di montagne di fronte a noi.
Ci avviciniamo, pianifichiamo ogni nostro movimento, non devono sentirci ne vederci. Camminiamo sui pascoli, in pendenza, ci fermiamo, posiamo lo zaino e lo usiamo come scudo. Iniziamo a scattare foto: quanti cervi!


Ora cominciamo lentamente la discesa, un aquila ci sorvola in alto e Tom mi racconta dei suoi incontri con i lupi. Incontri mai violenti, sempre densi di emozioni vere.
Scendiamo in una canalino e, da una roccia a sbalzo, ci ritroviamo direttamente sopra un branco di cervi intenti a godersi il sole ottobrino. Rimangono li fermi, indifferenti della nostra presenza fino a che non decidono di mettersi in movimento verso un altra valle.
Risaliamo il canalino, e seguendo un comodo sentiero scendiamo a valle.
Arrivati in basso guardiamo verso le cime della montagne alle nostre spalle. Su in alto, mimetizzati dall'ombra del tramonto che incombeva, come note su un pentagramma,stanno passando una ventina di cervi femmina con alcuni piccoli che circondano un cervo maschio.
Mangio una buona cena con coscette di pollo e carote al burro e sorseggiando un grappino al Genepì rivivo questi tre giorni riguardando in macchina le foto scattate.
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