Albe Importanti
La sveglia suona ma io sono già sveglio. La spengo velocemente, non voglio
disturbare il sonno di Isabel e Milo che dormono beati di fianco a me. Io invece
ho dormito un sonno agitato, poco riposante, di quelli che precedono le albe
importanti. Esco dalla camera misurando i passi. I vestiti e l'attrezzatura sono
pronti sul divano dalla sera prima. Mi vesto silenziosamente, con le palpebre
appesantite da un sonno che non se ne vuole andare. Un caffè al volo e sono
fuori in una notte di maggio silenziosa e fresca. Guido nel buio fino a
raggiungere l’inizio del sentiero. Quest'arena è comoda, ad appena dieci minuti
a piedi. Ne conosco un’altra, molto più scomoda, ma che mi ha fatto amare la
fotografia a questo soggetto. La più avventurosa e magica in assoluto. Ne avrei
da raccontare della fotografia al gallo forcello. Della prima volta in arena con
un cielo stellato che mi fece sentire piccolo e mi spaventò non poco, oppure di
quando sono tornato a casa a mani vuote perché dei mufloni avevano fatto
scappare i forcelli, o di quando sono stato tre ore in capanno sotto una fitta
nevicata, al freddo, ma ho portato a casa scatti epici. Accendo la frontale, la
luce squarcia il buio di una notte limpida e piena di stelle. Carico tutto il
mio armamentario sulle spalle e mi invio sul sentiero innevato. Ogni tanto
sprofondo, impreco, le membra protestano per la sveglia oltre ogni umana
ragione. Individuo l’arena. Scarico tutto a terra. Con i piedi livello la neve
per creare una piazzola dove aprire il capanno, costruito apposta per
nascondersi dalla vista degli animali e poterli riprendere senza disturbo. I
movimenti sono meccanici, abitudinari, li ho eseguiti altre volte. Fisso il
capanno, butto sopra un altro telo mimetico, apro la sedia, apro il treppiede,
mi accuccio e mi chiudo dentro. Sulle gambe una coperta, sono le tre del mattino
e si va verso le ore più fredde della notte, quelle che precedono il giorno.
Posiziono la reflex per farla abituare alla temperatura più fredda di quella che
c’era in casa e in auto. “Avete mai assistito a un’alba sulle montagne? Salire
su una montagna quando è ancora buio e aspettare il sorgere del sole è uno
spettacolo che nessun altro mezzo creato dall’uomo vi può dare. A un certo
momento, prima che il sole esca dall’orizzonte, c’è un fremito: non è l’aria che
si è mossa, è una qualche cosa che fa fremere l’erba, che fa fremere le fronde
ed è un brivido che percorre anche la tua pelle che, per conto mio, è proprio il
brivido della creazione che il sole ci porta ogni mattina.” Anche io sento il
brivido di cui parla Mario Rigoni Stern salire lungo la schiena, quasi come un
orgasmo. Con il primo bagliore del giorno sale leggero un suono ritmico, soffi e
rugoli. Ci siamo, penso dentro di me. Poi uno sbattere d’ali fa tremare la tela
leggera del capanno. Un gallo mi è passato sopra, mentre un altro atterra
davanti a me. Io rimango fermo, la luce è ancora poca, gli iso altissimi e i
tempi di scatto lunghi. Per quanto macchine e obiettivi siano molto performanti
non c'è storia. Se non hai la luce le foto non vengono. Passano i minuti, ora i
parametri migliorano, provo varie composizioni, vorrei evitare il primo piano
banale, far vedere dove il soggetto vive. Coniugando fotografia di paesaggio e
fotografia naturalistica. Non è facile ma credo che sia questo che fa la
differenza se il fine è voler comunicare qualcosa e uscire dagli schemi comuni.
In arena arrivano due femmine. I maschi impazziscono, si mettono uno di fronte
all’altro mentre la femmina da dietro guarda. Sembra quasi sconcertata. Se le
danno di santa ragione, poi uno si defila e copre la femmina. Ho visto tutto ma
ho perso l’attimo e non ho scattato. Pazienza. Conserverò quest’attimo nella mia
memoria invece che nella scheda SD. O forse è come nella famosa scena del film
“I sogni segreti di Walter Mitty”, dove il fotografo non scatta e dice : “Certe
volte non scatto, se mi piace il momento, piace a me, a me soltanto, non amo
avere la distrazione dell'obiettivo, voglio solo restarci dentro”. Mi ci ritrovo
in questa frase, soprattutto per quanto riguarda la fotografia al gallo
forcello. L’esperienza infatti trascende il mero atto artistico, è molto di più.
Assistere al canto del gallo forcello nelle arene non è solo fotografia
naturalistica ma osservare qualcosa che trascende un rito religioso. Un tipo di
fotografia in cui l’etica è fondamentale. Un disturbo a questo animale non solo
non permetterà di fotografarlo ma potrebbe compromettere la fecondazione della
femmina e quindi la sopravvivenza della specie. Il poter assistere ai
combattimenti e ai corteggiamenti nei Lek, altro nome delle arene di canto, è
simile a un rito sacro a cui bisogna approcciarsi con riverenza. L’atto pratico
di quanto detto è composto dall’alzarsi nel cuore della notte, avere la capacità
di camminare in montagna col buio, magari su sentieri impervi. Oltre a questo
bisogna possedere e saper posizionare un capanno d’appostamento per la
fotografia. Questo è simile a una piccola tenda, dove i teli hanno disegni e
colori per mimetizzarsi con l’ambiente circostante. Lo step successivo è
rimanere chiusi in questo capanno per le ore successive con poca possibilità di
movimento e con il freddo della notte che congela le estremità. Si potrà poi
uscire quando l’ultimo gallo forcello si è involato verso gli abeti dove
stazionerà per gran parte della giornata. Non è qualcosa di facile né di
improvvisabile, ma è fondamentale per poter approcciarsi nel modo giusto a
questo splendido animale. Il tasso di fallimento è molto alto ma quando tutto va
per il verso giusto c'è enorme soddisfazione. Data la delicatezza del soggetto e
la sua rarità, le arene di canto sono segreti custoditi molto gelosamente da chi
pratica questa fotografia. L’approccio maldestro o caciarone può far più danni
della doppietta di un cacciatore. Il gallo forcello, o fagiano di monte o
Lyrurus tetrix secondo la nomenclatura di Linneo, è diffuso in gran parte del
Nord Europa con numeri importanti, mentre è scomparso in Spagna e Grecia.
Sull’arco alpino resiste in piccole popolazioni soprattutto dove minore è la
presenza antropica. Il maschio è di colore nero con riflessi verdi. Le ali sono
ottuse e corte con un’apertura alare di novanta cm per il maschio e di settanta
per la femmina. La coda ha la forma di guisa di mezza luna che ricorda la forma
di una lira, lo strumento musicale a corde. Questa coda verrà dispiegata nei
rituali di corteggiamento rendendo fiero l’aspetto del gallo. Le piume della
coda venivano usate dai landesschutzen austroungarici per ornare il proprio
berretto. Il becco è forte e le zampe sono ricoperte di piume fino negli spazi
interdigitali. Sopra l’occhio è presente un vistoso e caratteristico
sopracciglio rosso. Il maschio è lungo circa sessanta cm mentre la femmina, più
minuta, misura circa quarantacinque cm. Essa è meno appariscente rispetto al
maschio e assomiglia alla femmina del gallo cedrone con un piumaggio mimetico
color ruggine. I suoi sensi sono molto acuti ed è difficile da sorprendere.
Appena percepisce la minima ombra che possa ricondurre al pericolo si invola,
fuggendo e cercando riparo sulla cima di un abete. La sua alimentazione è
composta da bacche, gemme e insetti. Durante l’estate si alimentano con i
mirtilli mentre d’inverno cercano le bacche di ginepro. I piccoli vengono
alimentati quasi esclusivamente con teneri insetti. Il periodo degli amori
inizia nella seconda metà di marzo e dura fino agli albori dell’estate a fine
maggio. Il maschio è poligamo e di norma feconda più femmine. Queste formano un
nido tra le rocce dove deporranno all’incirca una decina di uova che si
schiuderanno dopo quattro settimane. La femmina si consacrerà con amorevole cura
all’allevamento della prole. I pulli rimarranno con la madre fino all’autunno e
si allontaneranno quando avranno preso il piumaggio degli adulti. Il canto del
fagiano di monte durante il periodo degli amori è composto da soffi e un rugolio
continuo. . Questo canto può talvolta sentirsi anche nelle fresche albe
autunnali inframezzato dal bramito del cervo. Durante il corteggiamento il
maschio di Gallo Forcello si esibisce in salti e piccoli voli come in una danza.
Quando spicca il volo è elegante e riesce a compiere anche lunghi voli in linea
retta, soprattutto quando riesce a guadagnare l’aria dall’alto di un pendio. Il
sole ora è dietro di me, i raggi colorano il cielo di sfumature rosa mentre le
montagne si incendiano d’oro e di enrosadira. Una coppia di galli si mette
davanti a me, uno fronte all’altro, sulla linea di cresta innevata e con il
cielo dietro. “Clic clic clic”.Davanti a me un galloapre le ali in segno
di sfida all’altro gallo, clic clic clic. Sono completamente preso dal momento,
ci sono dentro, lo sto vivendo. Smetto di scattare, guardo fuori dal capanno, trattenendo
il respiro per questi attimi di natura che appartengono solo a me e ai galli forcelli.
La sveglia di notte acquisisce un senso, l’alba è stata davvero importante.
Questo racconto è disponibile in formato Podcast su Andata e Ritorno Storie di Montagna.
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