venerdì 26 novembre 2021

La fotografia naturalistica

Anton Pavlovič Čechov disse: “La fede trasporta le montagne”; purtroppo la fede non aiuta a trasportare in montagna tutto il materiale di cui un fotografo naturalista ha bisogno, infatti questo genere fotografico è un mix tra un soldato e un cacciatore. Serviranno zaini capienti e comodi, abiti il più possibile mimetici, ma anche le conoscenze di un cacciatore. Beninteso che il fucile del fotografo, fortunatamente, spara a 9 fotogrammi per secondo e regala ai posteri un momento magico, frutto di ore di appostamento e di comunione monastica con la natura.

Negli anni ho affinato la mia logistica, ricercando, sperimentando e purtroppo spendendo soldi a vanvera. Penso di avere più zaini nell’armadio che borse la mia ragazza, ma sono tutti necessari: ne ho uno da 28 l per le escursioni leggere e veloci e un altro da 45 l, più capiente, per quando passo almeno una notte in montagna.

Dentro gli zaini non deve mai mancare il kit da pronto soccorso, il localizzatore satellitare da usare in caso di emergenza, un seghetto (molto utile, soprattutto dopo Vaia), giacche e indumenti.
A volte, oltre a questo, aggiungo un capanno mimetico portatile, fornello a gas, cibo e acqua. Ho bisogno di queste cose: là fuori io sarò sempre in svantaggio e sarò sempre ospite di chi in montagna ci vive veramente.

Ovviamente tutto questo ha un peso notevole, da 10 a 20 kg, dipende dalle occasioni; la fotografia naturalistica esige una certa prestanza fisica.Ai piedi, va da sé, scarponi e tante volte ramponi, per non scivolare quando le praterie alpine si riempiono di neve e ghiaccio. Di scarponi ne consumo almeno due paia all’anno, tanto che spero di diventare collaudatore per una qualche marca, un giorno.

Agli inizi della mia passione per la montagna, giravo per i monti come un clochard, usando vestiti di recupero oppure mimetiche scovate nei mercatini militari. Roba economica, ma di pessima qualità: una volta bagnata rimane tale per ore, ed è una cosa che non ci si può permettere, soprattutto d’inverno. Ecco quindi che la mia ricerca dei materiali mi ha portato ad acquistare capi tecnici, costosi ma affidabili.

Ed alla fine, il ferro del mio mestiere, una reflex Nikon con innestato un tele obbiettivo, la cui misura totale è di 35 cm – che mi ha procurato non pochi affanni a trovare zaini in grado di contenerlo in sicurezza – e dal peso di circa 3kg, usata quasi sempre a mano libera, in bilico sulle cenge, per portare a casa una foto, non da esibire, ma per ricordare momenti, suoni e profumi di una giornata nella natura.

Quindi, quando vedete una foto di un animale, libero e selvaggio, ricordate che quella foto ha il peso dello zaino portato per ore, il sapore del sudore che cola sul viso dopo mille e più metri di dislivello, le ore di studio su un determinato ambiente, il caldo del capanno in una giornata d’appostamento in estate e le mani ghiacciate quando è inverno; è passione, testardaggine e capacità di stare in solitudine e di meravigliarsi ancora di un tempo che dura un click, ma che resterà per sempre.




Questo mio articolo è apparso sul mensile di cultura Il Veses: https://ilveses.com/la-fotografia-naturalistica/

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